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Furlotti: la raccolta che ridà vita al vetro

Furlotti: la raccolta che ridà vita al vetro

L'azienda, ormai alla terza generazione, raccoglie vetro e altri rifiuti per poi selezionarli e reintrodurli nelle catene di recupero e riciclo

Il legame tra la famiglia Furlotti e il vetro ha origini lontane. Ormai sono tre le generazioni che si sono dedicate alla gestione della raccolta e selezione di questo materiale, facendone un’attività industriale che nulla ha più a che fare con quella di rigattiere da cui ha preso origine. Per tutti, l’ispirazione è sempre stata la signora Bianca che alla fine dell’ultima Guerra, vedova e con l’abitazione bombardata, iniziò nel cortile di casa a fare commercio di materiali per riuscire a crescere i figli. Fu forse questo esempio edificante a spingere suo figlio, Luigi Furlotti, ad avviare negli anni Settanta un’azienda che operava nello stesso ambito, collocandosi nell’area golenale cittadina del Parma, a ridosso di una grande realtà vetraria. In questo contesto la scelta di focalizzarsi sul settore del vetro fu naturale e divenne sempre più convinta con il passare degli anni, inducendo Luigi nel 1974 a spostarsi in una nuova sede a San Polo di Torrile, più grande e funzionale ad una attività che stava crescendo. ''Mio padre era un imprenditore vecchio stampo, che aveva saputo vedere un potenziale importante in questo materiale che, pur essendo un rifiuto, se trattato nel modo corretto può generare nuovo valore'' spiega il figlio Aldo, oggi amministratore delegato dell’azienda. In quegli anni, dove c’erano vetrai e cantine c’era la Luigi Furlotti; nei primi anni Ottanta poi iniziò la raccolta urbana che segnò per l’azienda un grande incremento dell’attività e della complessità del lavoro. ''Fu mio padre a far produrre da un fabbro, i primi prototipi di campane in ferro per la raccolta, quelle che da allora, a Parma e provincia ma anche in Emilia-Romagna e Lombardia, periodicamente i nostri mezzi speciali vanno a svuotare'' aggiunge. Da aziende vetrarie, campane e piazzole di stoccaggio comunali, il materiale raccolto viene poi portato negli spazi dell’azienda per essere preselezionato attraverso alcuni grandi impianti di cernita che, con l’ausilio di vagli, induttori amagnetici, deferrizzatori e occhi umani, suddividono il vetro dall’alluminio e dal ferro. Nel 2020 sono state 60 mila le tonnellate processate negli ottomila metri quadrati coperti della Furlotti Vetro, spazi raddoppiati negli ultimi anni in relazione alla crescita e alle nuove raccolte che hanno imposto di aggiungere una nuova grande sede, sempre a San Polo, a quella storica. I materiali suddivisi sono poi venduti a diversi clienti: alle vetrerie che fondono il vetro per produrne altro in un ciclo infinito, ad aziende ceramiche che usano il granulato del vetro bianco puro e ai consorzi di recupero degli imballaggi. ''Lavoriamo in un settore povero in cui si parla di prezzi a tonnellata, per cui occorre grande efficienza per recuperare la marginalità che tiene in piedi l’azienda'' a precisarlo è Pietro Bignetti, nipote di Aldo e terza generazione, che dopo una laurea alla Bocconi ha deciso con entusiasmo ed energia di concentrarsi sull’attività di famiglia. ''Abbiamo già ottimizzato buona parte delle operations principali come la logistica e le manutenzioni ed ora vorremmo crescere anche su business diversi dal core, diversificando così il rischio''. Parole di un approccio manageriale che la signora Bianca di certo non conosceva ma che scriveranno il futuro della Furlotti Vetro.



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